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dell'impero romano cap. xx 35

della Chiesa, come di un conveniente gradino al trono dell’Impero. Una conclusione però così aspra ed assoluta non è coerente alla cognizione che abbiamo della natura umana di Costantino o del Cristianesimo. In un tempo di religioso fervore si osserva che i più artificiosi politici sentono in se stessi qualche parte di quell’entusiasmo, che inspirano agli altri; ed i Santi più ortodossi assumono il pericoloso privilegio di difender la causa della verità colle armi della falsità e dell’inganno. Spesso l’interesse personale è lo stendardo della nostra fede, non meno che della nostra condotta, e gli stessi motivi di vantaggi temporali, che valsero ad influire sul contegno pubblico e sulla professione di Costantino, poterono anche insensibilmente disporne lo spirito ad abbracciare la religione così favorevole alla sua fama ed alla sua fortuna. Soddisfacevasi alla sua vanità colla lusinghiera asserzione, ch’egli era stato scelto dal Cielo a regnare sopra la terra; l’evento aveva giustificato il divino di lui titolo al trono, e questo titolo stesso era fondato sulla verità della Rivelazione Cristiana. Siccome qualche volta segue che l’applauso non meritato eccita la

    Sur les débris de leurs Temples fumans
    Au Dieu du Ciel j’ai prodigué l’encens.
    Mais tous mes soins pour sa grandeur suprême
    N’eurent jamais d’autre objet que moi-même;
    Les saints autels n’étaient à mes regards
    Qu’un marchepied du trône des Césars.
    L’ambition, la fureur, les délices
    Étaient mes Dieux, avoient mes sacrifices.
    L’or des Chrétiens, leurs intrigues, leur sang
    Ont cimenté ma fortune et mon rang.

    Può leggersi con piacere il poema, che contiene questi versi, ma non si può con decenza nominare.