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dell'impero romano cap. xxiv. 383

nuovo Principe aveva preso le più efficaci misure per assicurarsi la fedeltà degli eserciti e delle Province dell’Europa, dando il comando militare a quegli Uffiziali, che per motivo d’interesse o d’inclinazione avrebbero costantemente sostenuto la causa del loro benefattore1.

Gli amici di Giuliano avevano altamente annunziato il felice successo della sua spedizione. Erano essi fortemente persuasi, che si sarebbero arricchiti i tempj degli Dei con le spoglie dell’Oriente; che la Persia si sarebbe ridotta all’umile stato di una Provincia tributaria, governata dalle leggi e dai Magistrati di Roma; che i Barbari adottato avrebbero l’abito, i costumi e la lingua dei loro conquistatori; e che la gioventù di Ecbatana e di Susa venuta sarebbe a studiar la rettorica nelle scuole de’ Greci2. I progressi delle armi di Giuliano interruppero la comunicazione di lui coll’Impero; e dal momento che passò il Tigri, gli affezionati suoi sudditi non seppero più la sorte e gli accidenti del loro Principe. La contemplazione degl’immaginati trionfi venne sturbata dalla trista fama della sua morte; e persisterono a dubitare della verità di quel fatale avvenimento, anche dopo che non potevano più negarlo3. I messaggieri di Gio-

  1. La ritirata di Gioviano è descritta da Ammiano XXV. 9 da Libanio (Orat. parent. c. 143. pag. 365) e da Zosimo (l. III. p. 194).
  2. Liban. Orat. parent. c. 145. p. 366. Tali erano le speranze e i desiderj naturali d’un retore.
  3. Il Popolo di Carre, città addetta al Paganesimo, seppellì sotto un mucchio di pietre l’inaugurato apportator di tal nuova (Zosimo l. III. p. 196). Libanio, quando ne ricevè la fatal notizia, gettò gli occhi sopra la spada: ma si