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dell'impero romano cap. xxiv. |
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superbo Tiranno dell’Oriente, la clemenza del quale avea perdonato agl’invasori delle sue terre. I Saracini alle volte intercettavano quelli che si staccavano dall’esercito; ma i Generali ed i soldati di Sapore rispettavan la sospensione delle armi; e si tollerò, che Gioviano esplorasse il luogo più comodo pel passaggio del fiume. Le piccole barche, che si eran salvate dall’incendio della flotta, furono in quest’occasione di grandissimo aiuto. Con esse fu trasportato prima lo Imperatore ed i suoi cortigiani; ed in seguito, facendo molti viaggi successivamente, una gran parte dell’esercito. Ma siccome ognuno avea premura della propria personale salvezza, o temeva di essere abbandonato sul lido nemico, i soldati, troppo impazienti d’aspettare il tardo ritorno delle barelle, s’arrischiavano audacemente di passare sopra leggieri graticci o sopra pelli gonfiate di aria; e traendosi dietro i cavalli tentavano con vario successo di attraversare quel fiume. Molti di questi arditi avventurieri furono ingoiati dalle onde; molti altri, trasportati via dalla violenza della corrente, divennero una facile preda dell’avarizia o della crudeltà degli Arabi selvaggi; e la perdita, che soffrì l’esercito nel paesaggio del Tigri, non fu inferiore al macello d’una giornata campale. Quando i Romani ebber posto il piede sulla riva Occidentale, restaron liberi dall’ostile inseguimento dei Barbari; ma in una laboriosa marcia di dugento miglia per le pianure della Mesopotamia provarono le ultime estremità della sete e della fame. Furono essi costretti a traversare un arenoso deserto, che per lo spazio di settanta miglia non somministrava neppure un filo di erba da mangiare, nè alcuna sorgente d’acqua; e nel rimanente di quell’inospita solitudine non vedevasi al-