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dell'impero romano cap. xxiv. 343

peranza e della sobrietà. Secondo i dettami di quell’artificiale sapienza, che s’attribuisce un assoluto dominio sulla mente e sul corpo, fortemente negava a se stesso la soddisfazione dei più naturali appetiti1. Nel caldo clima dell’Assiria, che sollecitava un popolo lussurioso a soddisfare ogni sensual desiderio2, un giovane conquistatore mantenne pura ed inviolata la sua castità; nè Giuliano fu mai tentato neppure da un motivo di curiosità a visitar le sue schiave di squisita bellezza3, che invece di resistergli avrebber disputato fra loro l’onore de’ suoi abbracciamenti. Con quella stessa fermezza, con cui resisteva agli allettamenti dell’amore, sosteneva le fatiche della guerra. Allorchè i Romani marciavano per quella bassa e innondata pianura, il loro Sovrano, a piedi, alla testa delle legioni, era partecipe de’ loro travagli, e ne animava la diligenza. Ad ogni util lavoro la mano di Giuliano era pronta e vigorosa; e la porpora Impe-

  1. I famosi esempi di Ciro, di Alessandro, e di Scipione furono atti di giustizia; ma la castità di Giuliano era volontaria, e secondo la sua opinione, meritoria.
  2. Sallustio (ap. vet. Scholiast. Juvenal. Sat. 1. 104) osserva, che nihil corruptius moribus. Le matrone e le vergini di Babilonia si mescolavan liberamente con gli uomini in licenziosi banchetti, e quando si sentivan toccate dalla forza del vino e dell’amore, appoco appoco si spogliavano quasi interamente dell’incomodo delle vesti: ad ultimum ima corporum velamenta projiciunt Q. Curt. V. I.
  3. Ex virginibus autem, quae speciosae sunt capta, et in Perside, ubi foeminarum pulchritudo excellit, nec contrectare aliquam voluit, nec videre: Ammian. XXIV. 4. La razza naturale de’ Persiani è piccola e brutta; ma si è migliorata per la perpetua mescolanza del sangue Circasso: Herod. l. III. c. 97, Buffon Histoir. natur. Tom. III. p. 420.