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338 | storia della decadenza |
[A. D. 363] Le campagne dell’Assiria furono condannate da Giuliano alle calamità della guerra, ed il filosofo vendicò sopra un innocente popolo gli atti di rapina e di crudeltà, che il loro superbo Signore avea commessi nelle Province Romane. I tremanti Assiri chiamarono in loro aiuto i fiumi, e con le proprie mani finiron di rovinare il loro paese. Le strade si rendettero impraticabili; si portò nel campo un diluvio di acque e per più giorni le truppe di Giuliano furon costrette a combattere coi travagli più intollerabili. Ma sormontossi ogni ostacolo dalla perseveranza dei legionarj, che erano indurati alla fatica ed al pericolo, e che si sentivano animati dallo spirito del loro Capo. Il danno era di mano in mano riparato; le acque ridotte a’ loro canali; furono tagliati degl’interi boschi di palme, e posti lungo le rotture delle strade; e l’armata passava i larghi e molto profondi canali su ponti formati di fluttuanti zattere, ch’erano sostenute per mezzo di vesciche. Due città dell’Assiria pretesero di resistere alle armi dell’Imperatore Romano; ed ambedue pagarono severamente la pena della loro temerità. Alla distanza di cinquanta miglia dalla residenza reale di Ctesifonte teneva il secondo
questo metallo dopo un breve conteggio daranno l’annua rendita da me fissata. Pure il gran Re non riceveva dall’Assiria più di mille talenti Euboici o Tiri (252,000. lire sterl.). Il paragone di due passi d’Erodoto (lib. I. c. 192. lib. III. c. 89-96) dimostra un’importante differenza fra l’entrata lorda e netta della Persia; fra le somme pagate dalle Province, e l’oro e l’argento che entrava nel Regio Erario. Dei diciassette o diciotto milioni, che si esigevan dal popolo il Monarca avrà realizzati annualmente solo tre milioni seicento mila lire.