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dell'impero romano cap. xxiv. 321

La scuola di lui era continuamente frequentata dalla gioventù della Grecia; i suoi discepoli, che alle volte passarono il numero di ottanta, celebravano l’incomparabil loro maestro; e la gelosia de’ suoi rivali, che lo perseguitava da una città in un’altra, confermò la opinion favorevole, che Libanio ostentava, del sublime suo merito. I precettori di Giuliano avevano estorto da esso una imprudente ma solenne promessa, ch’ei non avrebbe mai letto gli scritti del loro avversario; la curiosità del giovine reale repressa vie più si accese; cercò segretamente le opere di quel pericoloso Sofista, ed appoco appoco sorpassò nella perfetta imitazione del suo stile i più laboriosi fra’ domestici uditori di lui1. Allorchè Giuliano salì sul trono, dichiarò l’impazienza, che aveva, d’abbracciare e di premiare il Sofista della Siria, che in un secolo corrotto avea conservato la purità del gusto, de’ costumi e della religione della Grecia. La prevenzione dell’Imperatore fu accresciuta e giustificata dal prudente orgoglio del suo favorito. Libanio, in luogo d’affrettarsi co’ primi del popolo al palazzo di Costantinopoli, tranquillamente attese l’arrivo di lui in Antiochia; si ritirò dalla Corte a’ primi sintomi di freddezza e d’indifferenza; per ogni visita esigeva un invito formale, e diede al suo Sovrano l’importante lezione, che ei poteva comandar l’ubbidienza ad un suddito, ma che bisognava meritar l’affezione d’un amico. I Sofisti d’ogni tempo, sprezzando, o affettando di sprezzare le accidentali distinzioni della nascita e della fortuna2, riservano la propria stima per le superiori qua-

  1. Liban. Orat. parent. c. VIII. p. 230, 231.
  2. Eunapio riferisce che Libanio ricusò l’onorevol grado