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dell'impero romano cap. xxiii |
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Dio della luce; e la sua colossal figura1 quasi occupava tutto il vasto santuario, ch’era arricchito d’oro e di gemme, e adornato dalla perizia de’ Greci artefici. Era il Nume rappresentato in uno positura curva con una coppa d’oro in mano in atto di versare una libazione sopra la terra; quasi che supplicasse la venerabil Madre a porre la fredda e bella Dafne nelle sue braccia; e quanto al luogo erasi nobilitato per mezzo d’una finzione, avendo la fantasia de’ poeti Sirj trasportato l’amorosa favola dalle rive del Peneo a quelle dell’Oronte. Dalla real colonia di Antiochia s’erano imitati gli antichi riti della Grecia. Scorreva dal Castalio fonte di Dafne una profetica onda, rivale dell’oracolo Delfico, per la verità e la fama2. Nella vicina campagna s’era fabbricato uno stadio per uno special privilegio3 comprato da Elide;
- ↑ Simulacrum in eo Olympiaci Jovis imitamenti aequiparans magnitudinem. Ammiano XXII. 13. Il Giove Olimpico era alto sessanta piedi, e la sua mole per conseguenza era uguale a quella di mille uomini. Vedi una curiosa memoria dell’Ab. Gedoyn Acad. des Inscr. Tom. IX. p. 198.
- ↑ Adriano lesse l’istoria della sua futura grandezza sopra una foglia immersa nel fonte Castalio: artificio, che secondo il medico Vandale (de Oraculis 281, 282) per mezzo di chimiche preparazioni può facilmente eseguirsi. L’Imperatore turò la sorgente di tal pericolosa cognizione, la quale fu riaperta dalla devota curiosità di Giuliano.
- ↑ Fu acquistato l’anno di Cristo 44 ed il 92 dell’era di Antioco (Noris Epoc. Syr. Maced. p. 139-174) per il termine di novanta olimpiadi. Ma non furon celebrati regolarmente i giuochi olimpici d’Antiochia fino al regno di Commodo. Vedine le curiose particolarità nella cronica di Gio. Malala (Tom. I. p. 290, 320, 370, 381) scrittore, il merito e l’autorità del quale si ristringono a’ limiti della sua patria.