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dell'impero romano cap. xxiii |
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care il proprio dissenso dal Cristianesimo, ch’era sostenuto dal numero de’ convertiti, dalla catena delle profezie, dallo splendor de’ miracoli e dal peso della evidenza. L’elaborata opera1, ch’egli compose in mezzo a’ preparativi della guerra Persiana, conteneva la sostanza di quegli argomenti, ch’esso avea lungamente meditati nell’animo. Ne trascrisse, e ce ne conservò alcuni frammenti il veemente Cirillo d’Alessandria2 suo nemico; e questi presentano una mistura ben singolare d’ingegno e di dottrina, di arte sofistica e di fanatismo. L’eleganza dello stile ed il grado dell’autore conciliarono a questi scritti l’attenzione del pubblico3; e nella lista de’ nemici del Cristianesimo fu cancellato il celebre nome di Porfirio dal merito o dalla riputazione maggiore di Giuliano. Gli animi de’ Fedeli furono o sedotti, o scandalizzati, o commossi a timore; ed i Pagani, che alle volte ar-
- ↑ Fabricio (Bibl. Graec. l. V. c. VIII. p. 88, 90) e Lardner (Testim. Pagan. Vol. IV. p. 44-47) hanno esattamente raccolto tutto ciò che ora può trovarsi delle opere di Giuliano contro i Cristiani.
- ↑ Circa settant’anni dopo la morte di Giuliano egli eseguì un’impresa, che s’era debolmente tentata da Filippo di Sidone, prolisso e disprezzabile autore; ma neppur l’opera di Cirillo ha interamente soddisfatto i giudici più favorevoli; e l’Ab. della Bleterie (Pref. a l’Hist. de Jovien. pag. 30-32) desidera, che qualche Teologo filosofo (strano centauro) intraprenda la confutazione di Giuliano.
- ↑ Libanio (Orat. parent. c. 87 p. 313) contro di cui vi è stato il sospetto, che aiutasse il suo amico, preferisce la divina sua apologia (Orat. IX in necem Julian. p. 255 Ed. Morel.) agli scritti di Porfirio. Si può attaccare il giudizio di Libanio (Socrat. l. III c. 23) ma non accusar lui d’adulazione verso un Principe defunto.