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dell'impero romano cap. xxiii 247

la superstiziosa credulità dell’uman genere1, e che fossero sostenuti i misteri Greci dalla magia o teurgia de’ moderni Platonici. Essi arrogantemente pretendevano di sconvolger l’ordine della natura, d’esplorare i segreti del futuro, di comandare agli spiriti inferiori, di goder della vista e della conversazion degli Dei superiori; e sciogliendo l’anima da’ materiali suoi vincoli, di riunir quell’immortal particella allo Spirito infinito e divino.

La devota e coraggiosa curiosità di Giuliano tentò i filosofi colla speranza d’una facil conquista; che, attesa la situazione del giovane loro proselito, poteva produrre le più importanti conseguenze2. Giuliano apprese i primi rudimenti delle dottrine Platoniche dalla bocca d’Esedio, che avea fissato a Pergamo la perseguitata e vagabonda sua scuola. Ma siccome la decadente forza di quel venerabile Savio non era corrispondente all’ardore, alla diligenza ed alla rapida penetrazione dello scolare, due de’ suoi più dotti discepoli, Crisante ed Eusebio, supplirono, secondo il proprio desiderio di lui, all’attempato loro maestro. Sem-

  1. I sofisti d’Eunapio fanno tanti miracoli, quanti ne fanno i santi del deserto; e l’unica circostanza in lor favore è che sono d’un color men oscuro. In vece di diavoli con corna e code, Jamblico facea comparire i genj d’amore Eros e Anteros, da due vicine fontane. Due bei fanciulli uscivan fuori dall’acqua, lo abbracciavano teneramente qual padre, e si ritiravano al primo suo cenno. p. 26. 27.
  2. Il destro maneggio di questi Sofisti, che facevan passare il loro credulo allievo dalle mani dell’uno a quelle dell’altro, è chiaramente riportato da Eunapio (p. 69. 76.) con non sospetta semplicità. L’Ab. della Bleterie ha intesa ed elegantemente descritta tutta questa commedia Vie de Julien, p. 61-67.