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234 | storia della decadenza |
dero un Imperatore, che non distingueva i propri doveri da’ suoi piaceri; che procurava di sollevare le angustie, e di far risorgere lo spirito de’ suoi sudditi; e che cercava sempre d’unire l’autorità con il merito e la felicità con la virtù. Anche la fazione, e la fazion religiosa fu costretta a riconoscere la superiorità del suo genio in pace ed in guerra, ed a confessare sospirando, che l’apostata Giuliano fu amante della sua patria, e meritò l’Impero del Mondo1.
CAPITOLO XXIII.
Il carattere d’Apostata ha oltraggiato la riputazione di Giuliano; e l’entusiasmo, che ne adombrò le virtù, ha esagerato la reale o apparente grandezza de’ suoi difetti. La nostra parziale ignoranza ce lo può rappresentare come un filosofo Sovrano, che procurò di proteggere con ugual favore le religiose fazioni dell’Impero, e mitigare la teologica febbre, che aveva
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. . . . . Ductor fortissimus armis;
Conditor et legum celeberrimus; ore manuque
Consultor patriae; sed non consultor habendae
Religionis; amans tercentum milia divum.
Perfidus ille Deo, sed non et perfidus orbi.Prudent. Apotheos. 450. Sembra che la coscienza d’un sentimento generoso abbia innalzato il Poeta Cristiano sopra la solita sua mediocrità,