Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IV.djvu/232

228 storia della decadenza

uniformità. Nel tempo de’ giuochi del Circo egli aveva, o a caso, o premeditatamente, fatta la manumissione d’uno schiavo alla presenza del Console. Ma quando si sovvenne d’aver invasa la giurisdizione di un altro Magistrato, si condannò al pagamento di dieci libbre d’oro; e prese quest’occasione, per dichiarar pubblicamente al Mondo, ch’egli era soggetto come gli altri suoi concittadini, alle leggi1 ed anche alle formalità della Repubblica. Lo spirito della sua amministrazione ed il riguardo ch’ebbe al luogo della sua nascita, mossero Giuliano a conferire al Senato di Costantinopoli gli stessi onori, privilegi, ed autorità, che tuttavia si godevano dal Senato dell’antica Roma2. Fu introdotta, ed appoco appoco stabilita una finzione legale, che la metà del consiglio nazionale fosse passata in Oriente; e i dispotici successori di Giuliano, accettando il titolo di Senatori, si riconoscevano membri d’un rispettabile Corpo, a cui era permesso di rappresentare la maestà del nome Romano. Da Costantinopoli s’estese l’attenzion del Monarca a’ Senati Municipali delle Province. Abolì con più editti le ingiuste e perniciose esenzioni, che avevano tolto tanti oziosi cittadini al servigio della patria; ed imponendo una distribuzione eguale di pubblici tributi, restituì la forza, lo splendore, o secondo

  1. La satira personale si condannava dalle leggi delle dodici tavole: si mala condiderit in quem quis carmina, jus est, judiciumque. Giuliano (in Misopogon p. 337) si confessa sottoposto alla legge; e l’Ab. della Bleterie (Hist. de Jov. Tom. II. p. 92.) ha prontamente abbracciato una dichiarazione sì favorevole al suo sistema, ed al vero spirito dell’Imperiale costituzione.
  2. Zosimo l. III. p. 158.