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dell'impero romano cap. xxii 225

cittadino d’Ancira s’era preparato un abito di porpora; e questa imprudente azione, che sotto il regno di Costanzo si sarebbe risguardata come un delitto capitale1, fu riferita a Giuliano dall’officiosa importunità d’un privato nemico. Il Monarca, fatta qualche ricerca intorno al grado ed al carattere del suo rivale, rimandò l’accusatore col presente d’un paio di scarpe di porpora per compir la magnificenza dell’Imperiale sua veste. Si formò una cospirazione più pericolosa da dieci guardie domestiche, le quali avean risoluto di ammazzar Giuliano nel campo degli esercizi vicino ad Antiochia. La loro intemperanza rivelò il delitto; ed essi furon condotti in catene alla presenza dell’ingiuriato loro Sovrano, che dopo una viva rappresentazione della malvagità e follìa di loro intrapresa, invece d’una tormentosa morte ch’essi meritavano ed aspettavano, pronunziò la sentenza d’esilio contro i due rei principali. L’unico fatto in cui parve che Giuliano si scostasse dalla solita sua clemenza, fu la esecuzione d’un temerario giovane, che aspirato aveva con una debole mano a prender le redini dell’Impero. Ma questo giovane era figlio di Marcello, Generale di cavalleria, che nella prima campagna della guerra Gallica avea disertato dalle bandiere di Cesare e della Repubblica. Senz’apparire di secondare il perso-

  1. Il presidente di Montesquieu (Consider. sur la Grand. des Rom. c. 14. nelle sue opere Tom. III. p. 448. 449) scusa tal minuta, ed assurda tirannia col supporre, che azioni le più indifferenti a’ nostri occhi dovevano eccitare in una mente Romana l’idea di delitto e di pericolo. Questa strana apologia vien sostenuta da una strana mal’interpretazione delle leggi Inglesi: Chez une nation.... où il est défendu de boire à la santé d’une certaine personne.