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206 | storia della decadenza |
ceva sottometter le proprie azioni e i motivi di esse a’ degenerati Ateniesi de’ suoi tempi, con quell’umile deferenza con cui avrebbe arringato, al tempo d’Aristide, avanti il Tribunale dell’Areopago. La sua richiesta al Senato di Roma, al quale tuttavia permettevasi di conferire i titoli dell’Imperial potestà, fu coerente alla forma d’una spirante Repubblica. S’intimò un’assemblea da Tertullo, Prefetto della Città; vi si lesse l’epistola di Giuliano; e siccome si vedeva, ch’egli era padrone d’Italia, i suoi diritti furono ammessi senza che alcun dissentisse. Con minor soddisfazione ascoltossi la sua indiretta censura delle innovazioni di Costantino, e l’appassionata invettiva contro i vizi di Costanzo, ed il Senato, come se Giuliano fosse stato presente, tutto insieme esclamò: „Rispettate, di grazia, l’Autore della vostra fortuna„1: artificiosa espressione, che si poteva interpretar differentemente secondo la sorte della guerra, o come una viril disapprovazione dell’ingratitudine dell’usurpatore, o come un’adulante confessione, che quel solo atto, di tanto vantaggio allo Stato, dovea servire a purgare tutti i difetti di Costanzo.
Immediatamente fu data notizia della marcia e del rapido progresso di Giuliano al suo rivale, che, mediante la ritirata di Sapore, aveva ottenuto qualche respiro dalla guerra Persiana. Mascherando l’angustia dell’animo suo coll’apparenza del disprezzo, Costanzo dichiarò la sua intenzione di tornare in Europa, e dar la caccia a Giuliano; giacchè non parlò mai di
- ↑ Auctori tuo reverentiam rogamus. Ammiano XXI 10. È molto piacevole l’osservare i segreti contrasti del Senato fra l’adulazione ed il timore. Vedi Tacito Hist. I. 85.