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dell'impero romano cap. xxii 191

ra di conquista, e si sarebbero contentati del tranquillo possesso delle Province di Gallia. Su tal fondamento egli compose in nome proprio e dell’esercito, una speciosa, e moderata lettera1, che fu consegnata a Pentadio, suo Maestro degli uffizj, e ad Euterio suo Ciamberlano, ch’esso destinò Ambasciatori per ricevere la risposta, ed osservar le disposizioni di Costanzo. In questa lettera egli si dà il modesto nome di Cesare. Ma richiede in una perentoria, sebben rispettosa maniera, la conferma del titolo d’Augusto. Egli confessa l’irregolarità della sua elezione, mentre in qualche modo giustifica il risentimento e la violenza delle truppe, che avevano estorto a forza il suo consenso. Riconosce la superiorità del fratello Costanzo; e s’impegna a mandargli un annuo presente di cavalli Spagnuoli, di reclutarne l’esercito con uno scelto numero di giovani barbari, e di ricever dalle mani di lui un Prefetto del Pretorio di provata discrezione e fedeltà. Ma si riserva l’elezione degli altri Uffiziali civili e militari con le truppe, l’entrate, e la sovranità delle Province oltre l’Alpi. Avverte l’Imperatore a consultare i dettami della giustizia; a diffidare degli artifizi di que’ venali adulatori, che non sussistono che per le discordie de’ Principi; e ad abbracciare l’offerta d’un equo ed onorevol trattato, vantaggioso alla Repubblica ugualmente che alla casa di Costantino. In questa negoziazione Giuliano non chiedeva più di quello che già possedeva. L’autorità de-

  1. A questa lettera ostensibile dice Ammiano, che ne aggiunse delle private objurgatorias et mordaces, che l’Istorico non aveva vedute, e non avrebbe neppur pubblicate. Forse non sussisterono giammai.