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dell'impero romano cap. xxii |
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dalla malizia de’ nemici di lui; il loro tumulto era un effetto naturale dell’interesse e della passione; e se Giuliano tentato avesse di nascondere un alto disegno sotto le apparenze del caso, avrebbe dovuto impiegare il più consumato artifizio senza necessità, e probabilmente senza frutto. Egli solennemente dichiara in faccia a Giove, al Sole, a Marte, a Minerva ed a tutte le altre divinità, che sino al termine della sera, che precedè la sua elevazione, fu affatto ignorante dei disegni de’ soldati1; e potrebbe sembrar poco generoso il non credere all’onor d’un Eroe, ed alla veracità d’un Filosofo. Pure la superstiziosa credenza che Costanzo fosse il nemico, ed egli il favorito degli Dei, poteva fargli desiderare, promuovere, ed anche affrettare il fausto momento del proprio regno, ch’era predestinato a restaurar l’antica religione dell’uman genere. Quando Giuliano ebbe avuto notizia della cospirazione, si abbandonò ad un breve sonno; e dopo raccontava a’ suoi amici d’aver veduto il Genio dell’Impero, che aspettava con impazienza alla sua porta, chiedendo con premura d’esser ammesso, e rimproverando la sua mancanza di coraggio, e d’ambizione2. Attonito e perplesso indirizzò le sue pre-
- ↑ Juliano ad S. P. Q. Athen. p. 284. Il divoto Abbate de la Bleterie (Vit. di Giuliano p. 159) è quasi disposto a rispettare le divote proteste d’un Pagano.
- ↑ Ammiano XX. 5 con l’annotazione di Lindenbrogio sul Genio dell’Impero. Giuliano medesimo in una lettera confidenziale ad Oribasio, amico e medico suo, (Epist. XVII. p. 384) fa menzione d’un altro sogno a cui prima dell’avvenimento ei prestò fede, cioè d’un grosso albero gettato a terra, e di una piccola pianta che gettava in terra profonde radici. Anche nel sonno la mente di Cesare doveva essere agitata dalle