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dell'impero romano cap. xxii |
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gnità agli accidenti d’un notturno tumulto. Allo spuntar del giorno i soldati, lo zelo de’ quali era irritato dalla opposizione, entraron per forza nel palazzo; s’impadronirono con rispettosa violenza dell’oggetto della loro scelta, accompagnarono con spade sguainate Giuliano per le strade di Parigi, lo collocarono sul Tribunale, e con replicate grida lo salutarono Imperatore. La prudenza non meno che la fedeltà gl’inculcarono il dovere di resistere a’ lor ribelli disegni, e di preparare alla sua oppressa virtù la scusa della violenza. Volgendosi or alla moltitudine, or agl’individui, ora implorava la lor compassione, ora esprimeva il suo sdegno; gli scongiurava a non macchiar la fama di loro immortali vittorie, e si avventurò a promettere, che se immediatamente tornavano al lor dovere, avrebbe procurato d’ottener dall’Imperatore non solo un libero e grazioso perdono, ma anche la rivocazione degli ordini, che avevano eccitato la loro collera. Ma i soldati, che conoscevan la propria colpa, vollero piuttosto dipendere dalla gratitudine di Giuliano, che dalla clemenza dell’Imperatore. Il loro zelo insensibilmente si ridusse ad impazienza, e l’impazienza a furore. L’inflessibil Cesare sostenne fino all’ora terza del giorno le preghiere, i rimproveri e le minacce di essi; nè volle cedere fintantochè non l’ebbero assicurato più volte, che s’egli voleva vivere, bisognava che acconsentisse a regnare. Fu innalzato sopra uno scudo in presenza, e fra le unanimi acclamazioni delle truppe; supplì alla mancanza del diadema1 un ricco collar militare, che trovarono a
- ↑ Anche in quel tumultuoso momento Giuliano badò alla formalità della superstiziosa cerimonia; ed ostinatamente ricusò l’infausto uso d’una collana femminile, o d’un collare da cavalli, che gl’impazienti soldati volevano adoperare in luogo di diadema.