Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IV.djvu/185


dell'impero romano cap. xxii 181

piegare in una guerra lontana contro il Re di Persia i valorosi veterani che sulle rive del Reno avevan vinto le più fiere nazioni della Germania. Mentre Giuliano consumava le laboriose sue ore nei quartieri d’inverno a Parigi, amministrando la potenza che nelle sue mani riducevasi all’esercizio della virtù, fu sorpreso dal precipitoso arrivo d’un tribuno e d’un notaro con positivi ordini dell’Imperatore, ch’essi avevano la commission d’eseguire, ed a’ quali egli non dovevasi opporre. Costanzo indicò la sua volontà che quattro intere legioni, vale a dire quelle dei Celti, dei Petulanti, degli Eruli e dei Batavi, si separassero dalle bandiere di Giuliano, sotto di cui acquistato avevano la loro fama e disciplina; che si scegliessero in ciascheduna delle rimanenti trecento dei più valorosi giovani; e che questo numeroso distaccamento, che formava la forza dell’esercito Gallico, si ponesse immediatamente in marcia, e facesse ogni diligenza per arrivare avanti l’apertura della nuova campagna sulle frontiere di Persia1. Cesare previde le conseguenze di questo fatal comando, e se ne lagnò. Moltissimi ausiliarii, che volontariamente s’erano ascritti alla milizia, avevano stipulato di non poter essere mai costretti a passar le alpi. Si era impegnata la pubblica fede di Roma, ed il personal onore di Giuliano per l’osservanza di tal

  1. Il piccolo intervallo, che passa fra l’hyeme adulta, ed il primo vere d’Ammiano (XX. I. 4) invece di dare un sufficiente spazio per una marcia di tremila miglia renderebbe gli ordini di Costanzo altrettanto stravaganti, quanto erano ingiusti. Le truppe della Gallia non potevan giungere in Siria che al fine dell’autunno. Bisogna che le memorie d’Ammiano fossero inesatte, o le sue espressioni scorrette.