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da frenesia d’una specie molto straordinaria, la quale, se veramente prevalse fra loro in un grado così stravagante, non se ne può trovar sicuramente l’uguale in alcun paese, o in alcun secolo. Molti di questi fanatici avevano in orrore la vita, desiderando il martirio; e poco importava loro per quali mezzi o per quali mani perissero, qualora la lor condotta santificata fosse dall’intenzione di sacrificarsi per la gloria della vera fede e per la speranza dell’eterna felicità1. Alle volte andavano a disturbar villanamente le feste, ed a profanare i tempj del paganesimo, con animo di eccitare i più zelanti fra gl’Idolatri a vendicare gli insulti de’ loro Dei. Alle volte, entravan per forza nei Tribunali di giustizia, o costringevano lo spaventato Giudice ad ordinare l’immediata loro esecuzione. Spesso fermavano i viandanti nelle pubbliche strade, e gli obbligavano a dar loro il martirio con la promessa di un premio, se v’acconsentivano, e con la minaccia dell’immediata morte, se ricusavano di largire ad essi un favore tanto singolare. Quando mancava qualunque altro ripiego, essi annunziavano il giorno, in cui alla presenza dei loro amici e fratelli si sarebber gettati a basso da qualche altissima rupe; e si mostravano varj precipizj che eran divenuti famosi pel numero dei religiosi suicidj. Nelle azioni di tali disperati entusiasti, che s’ammiravano da una parte come martiri di Dio, e s’abborrivano dall’altra come vittime di Satana, un imparziale Filosofo può ravvisar l’influenza e l’ultimo abuso di quello spirito inflessibile, che in origine pro-

  1. I Donatisti suicidi allegavano a loro giustificazione l’esempio di Razia, riportato nel cap. 14. del Lib. II. dei Maccabei.