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dell'impero romano cap. xxi 145

rovina d’Atanasio medesimo1. Eran ventisei mesi da che la Corte Imperiale con le più insidiose arti segretamente procurava di allontanarlo dalla città di Alessandria, e di togliergli quei comodi, che davano luogo alla sua popolare liberalità. Ma quando il Primate dell’Egitto, abbandonato e proscritto dalla Chiesa Latina, restò privo d’ogni straniero soccorso, Costanzo mandò due suoi segretari con la verbal commissione d’annunziare, e d’eseguir l’ordine del suo esilio. Siccome pubblicamente si conveniva da ogni parte della giustizia della sentenza, l’unico motivo, che potè ritener Costanzo dal dare a’ suoi messi il mandato in iscritto, non può attribuirsi che al dubbio che egli avea dell’evento, e ad una cognizione del pericolo, a cui poteva esporre la seconda Città e la più fertil provincia dell’Impero, se il popolo avesse persistito nella risoluzione di difendere a forza d’arme l’innocenza del proprio Padre spirituale. Tal estrema cautela somministrò ad Atanasio uno specioso pretesto di rispettosamente porre in dubbio la verità di un comando, che ei non potea conciliare nè coll’equità, nè con le precedenti dichiarazioni del grazioso suo Principe. La potestà civile dell’Egitto non si trovò capace di persuadere o di costringere il Primate ad abbandonar l’Episcopale sua

  1. Posson trovarsi ampi materiali per l’istoria di questa terza persecuzione d’Atanasio nelle proprie sue opere. Vedasi particolarmente la sua molto bella Apologia a Costanzo T. I. p. 673, la prima Apologia per la sua fuga p. 701, la sua lunga lettera a’ Solitarj p. 808, e la protesta originale del popolo d’Alessandria contro le violenze commesse da Siriano p. 866. Sozomeno (l. IV. c. 9.) ha inserito nella sua narrazione due o tre luminose ed importanti circostanze.