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rata di lui; tal durata però non era infinita1, e vi era stato un tempo che avea preceduto l’ineffabil ge-, nerazione del Logos. In quest’unigenito Figlio l’onnipotente Padre avea trasfuso l’ampio suo spirito, ed impresso lo splendore della sua gloria. Visibile immagine di un’invisibile perfezione, vedeva ad un’immensa distanza sotto i suoi piedi i troni de’ più fulgidi Arcangeli; pure non risplendeva che una luce riflessa, e simile a’ figli de’ Romani Imperatori, ch’erano investiti de’ titoli di Cesare o d’Augusto2, ei governava l’universo con ubbidire alla volontà del suo Padre e Monarca. Nella Seconda ipotesi il Logos godeva tutte le inerenti incomunicabili perfezioni, che la Religione e la Filosofia attribuiscono al sommo Dio. La Divina essenza componevasi da tre distinte infinite menti o sostanze, da tre esseri coeguali e coeterni3 e sarebbe stata una contraddizione che alcuno di loro dovesse non essere stato, o che dovesse mai cessare di esistere4. I difensori del sistema, che pare-

  1. Le teorie metafisiche del Dottor Clarke (script. Trinit. p. 276-280) potrebbero ammettere un’eterna generazione da una causa infinita.
  2. S’usa questa profana ed assurda similitudine da’ varj de’ primitivi Padri, specialmente da Atenagora nella sua apologia all’Imperator Marco ed al suo figlio; e vien citata senza censura da Bull medesimo. Vedi Defens. Fid. Nic. S. III. c. 5. n. 4.
  3. Vedi Cudworth Intell. syst. p. 559. 579. Questa pericolosa ipotesi fu favorita dai due Gregorj, Nisseno e Nazianzeno, da Cirillo Alessandrino, da Giovanni Damasceno ec. Vedi Cudworth. p. 6o3. e Le Clerc. Bibl. univ. Tom. XVIII P. 97-105.
  4. Sembra, che Agostino invidii la libertà de’ Filosofi; Liberis verbis loquuntur philosophi... Nos autem non dicimus duo vel tria principia, duos vel tres Deos; de Civ. Dei X. 23.