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40 | storia della decadenza |
in vigore leggi universali, o decreti del Senato contro i Cristiani: che nè Traiano, nè alcuno de’ suoi virtuosi predecessori, de’ quali erano in uso gli editti nella giurisprudenza civile e criminale, avevan dichiarato pubblicamente le loro intenzioni rispetto alla nuova setta, e che per quante processure si fosser fatte contro i Cristiani, non ve n’era alcuna di peso ed autorità sufficiente per determinar la condotta di un Magistrato Romano.
La risposta di Traiano, alla quale hanno frequentemente appellato i Cristiani de’ posteriori tempi, dimostra tanto riguardo per la giustizia e l’umanità, quanto si potea conciliare con le false idee della religiosa politica1. Invece di far vedere l’implacabile zelo d’un inquisitore, ansioso di scoprire le più minute particolarità dell’eresia, ed esultante nel numero delle sue vittime, l’Imperatore manifesta molto maggior premura per proteggere la sicurezza dell’innocente, che per impedire lo scampo del colpevole. Riconosce la difficoltà di stabilire alcun sistema generale; ma pone due regole salutari, che spesso diedero sollievo ed aiuto agli angustiati Cristiani. Quantunque ordini a’ Magistrati di punir quelle persone che son legalmente convinte, proibisce però loro con una incoerenza molto umana di far veruna ricerca intorno a’ supposti rei. Nè si permette al Magistrato di procedere in qualunque specie d’accusa. Rigetta l’Imperatore le accuse anonime co-
- ↑ Plin. Epist. X. 98. Tertulliano (Apolog. c. 5) risguarda questo Rescritto, come un rilassamento delle antiche leggi penali quas Traianus ex parte frustratus est. Eppure Tertulliano in un altro luogo delle sue Apologie nota l’incoerenza di proibire le inquisizioni, e di ordinare i gastighi.