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412 | storia della decadenza |
adombrar le glorie del suo Benefattore e Sovrano. Dopo un ostinato, quantunque segreto dibattimento, la opposizione degli Eunuchi favoriti soggiacque all’ascendente dell’Imperatrice; e fu risoluto che Giuliano, dopo d’aver celebrato le sue nozze con Elena, sorella di Costanzo, sarebbe destinato a regnare col titolo di Cesare sulle regioni di là dalle alpi1.
Quantunque l’ordine, che lo richiamò alla Corte, fosse probabilmente accompagnato da qualche indicazione della prossima sua grandezza, egli chiama il popolo d’Atene in testimonio delle lacrime di sincero dispiacere che sparse, quando con sua ripugnanza fu tolto dall’amato ritiro2. Egli tremava per la sua vita, per la fama, ed anche per la sua virtù; e l’unica sua fiducia era fondata nella persuasione che Minerva gli inspirasse tutte le azioni, e ch’egli fosse protetto da una guardia invisibile di Angeli, ch’essa per questo fine avea preso dal sole e dalla luna. Si avvicinò con orrore al palazzo di Milano; nè potè l’ingenuo giovane celare il suo sdegno, quando si trovò accolto con falso e servile rispetto dagli assassini di sua famiglia. Eusebia, godendo del buon esito dei suoi benigni disegni, l’abbracciò colla tenerezza d’una sorella, e procurò, colle più dolci carezze, di dissipare i suoi terrori, e riconciliarlo colla sua fortuna. Ma la cerimonia di radersi la barba, ed il suo goffo portamento, quando la prima volta mutò il mantello di Greco filosofo nell’abito militare di Principe Ro-