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dell'impero romano cap. xix. | 397 |
sfacessero il proprio sdegno contro que’ pochi spiriti indipendenti, che arditamente ricusavano di sollecitare la protezione di schiavi. Il più distinto fra questi schiavi era il Ciamberlano Eusebio, il quale regolava il Monarca ed il Palazzo con tale assoluto dominio, che Costanzo, secondo il sarcasmo d’un imparziale Istorico, godeva qualche credito appresso il superbo suo favorito1. Per le artificiose di lui suggestioni, l’Imperatore s’indusse a sottoscriver la condanna dell’infelice Gallo, e ad aggiungere un nuovo delitto alla lunga lista delle uccisioni, che macchiano l’onore della casa di Costantino.
[A. D. 351] Quando i due nipoti di Costantino, Gallo e Giuliano, furon sottratti al furor de’ soldati, il primo aveva circa l’età di dodici anni, ed il secondo di sei; e siccome il maggiore credevasi d’una debole costituzione di corpo, così con minor difficoltà ottennero una vita precaria e dipendente dall’affettata pietà di Costanzo, il quale conosceva che l’esecuzione di tali orfani abbandonati si sarebbe stimata dal Mondo come un atto della più deliberata crudeltà2. Furono destinate varie città della Jonia e della Bitinia per luoghi di loro educazione ed esilio; ma tosto che l’età
- ↑ Apud quem (si vere dici debeat) multum Constantius potuit. Ammian. l. XVIII. c. 4.
- ↑ Gregorio Nazianzeno (Orat. III. p. 90) rimprovera l’Apostata della sua ingratitudine verso Marco, Vescovo d’Aretusa, che aveva contribuito a salvargli la vita; ed apprendiamo, quantunque da un testimone meno rispettabile (Tillemont Hist. des Emper. Tomo IV. p. 916), che Giuliano fu nascosto nel santuario d’una Chiesa.
ut Imperatore ipso clarius ita apparitorum plerisque magis atrox nihil.