|
dell'impero romano cap. xviii. |
387 |
liche legioni. Tosto che le legioni cederono, gli squadroni più leggieri e più attivi della seconda linea s’introdussero con la spada alla mano negli intervalli di mezzo, e compirono il disordine. Intanto i grossi corpi de’ Germani restarono esposti quasi nudi alla destrezza degli arcieri Orientali, e tutte le truppe di que’ Barbari furon costrette dalle angustie e dalla disperazione a precipitarsi nel largo e rapido corso del Dravo1. Il numero degli uccisi fu calcolato esser cinquantaquattromila uomini, e la strage de’ vincitori fu maggiore di quella de’ vinti2; circostanza, che prova l’ostinazione del combattimento, e giustifica l’osservazione d’un antico scrittore, che furon consumate le forze dell’Impero nella fatal battaglia di Mursa, per la perdita d’un’armata veterana, sufficiente a difendere, o ad aggiunger nuovi trionfi alla gloria di Roma3. Nonostanti le invettive d’un servile oratore,
- ↑ Giuliano Orat. I. p. 36 ed Orat. II. p. 59, 60. Zonara Tom. II. l. XIII. p. 17. Zosim. l. II. p. 130, 133. Quest’ultimo celebra la destrezza dell’arcier Menelao, che poteva scagliare tre dardi nel medesimo tempo; vantaggio, che secondo la sua idea degli affari militari, materialmente contribuì alla vittoria di Costanzo.
- ↑ Secondo Zonara, Costanzo di 80000 uomini che aveva, ne perdè 30000 e Magnenzio 24000 di 36000. Gli altri articoli di questo racconto sembran probabili ed autentici; ma nel numero dell’armata del Tiranno dev’essersi fatto sbaglio o dall’autore o da’ copisti. Magnenzio aveva raccolto tutte le forze d’Occidente sì de’ Romani che de’ Barbari in un formidabile corpo, che non può giustamente stimarsi minore di 100,000 uomini. Giulian. Orat. I. p. 34, 35.
- ↑ Ingentes R. I. vires ea dimicatione consumptae sunt ad quaelibet bella externa idonea, quae multum triumphorum possent, securitatisque conferre. Eutrop. X. 13. Vittore il Giovane s’esprime nell’istessa guisa.