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dell'impero romano cap. xviii. 383

che faceva un Pericle o un Demostene al popol d’Atene, colla vittoriosa eloquenza, che avea persuaso una moltitudine armata ad abbandonare o deporre l’oggetto della parziale sua scelta1. L’imminente contesa con Magnenzio era d’una specie più seria e sanguinosa. Il Tiranno con rapide marce s’avanzò incontro a Costanzo, conducendo un grand’esercito, composto di Galli, di Spagnuoli, di Franchi e di Sassoni, di quei Provinciali, che somministravan la forza delle legioni, e di quei Barbari, che si tenevan come i nemici più formidabili della Repubblica. I fertili piani2 della bassa Pannonia, fra il Dravo, il Savo ed il Danubio, presentarono uno spazioso teatro; e le operazioni della guerra civile furon mandate in lungo ne’ mesi di estate per l’arte o per la timidità de’ combattenti3. Costanzo avea dichiarato d’avere intenzione di decidere la contesa ne’ campi di Cibali; nome ch’egli credeva dover animar le sue truppe per la rimembranza della vittoria,

  1. Eum Constantius .... facundiae vi dejectum imperio in privatum otium removit. Quae gloriam post natum Imperium soli processit eloquio, clementiaque etc. Aurelio Vittore, Giuliano e Temistio adornano questo fatto co’ più artificiosi e vivi colori della loro rettorica.
  2. Busbechio (p. 112.) attraversò la bassa Ungheria e Schiavonia in un tempo, in cui erano esse ridotte quasi ad un deserto dalle reciproche ostilità de’ Cristiani e de’ Turchi. Pure con maraviglia rammenta l’insuperabile fertilità del terreno; ed osserva, che l’altezza dell’erba era sufficiente a nascondere un carro carico alla sua vista. Vedi anche Browne Viagg. nella Collezione di Harris. Vol. II. (p. 762. ec.).
  3. Zosimo fa un ampio racconto della guerra e della negoziazione (l. II. p. 123-130). Ma siccome non si dimostra nè soldato nè politico, la sua storia dee ponderarsi con attenzione, ed ammettersi con cautela.