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dell'impero romano cap. xviii. | 375 |
degli Erculei, che riconoscevan per loro capo Magnenzio, tenevano il posto più rispettabile ed importante nel campo Imperiale. L’amicizia di Marcellino, Conte delle sacre largizioni, somministrò con mano liberale i mezzi della seduzione. I soldati restarono convinti coi più speciosi argomenti, che la Repubblica intimava loro di rompere i legami dell’ereditaria servitù, e di premiare, mediante la scelta d’un Principe attivo e vigilante, le stesse virtù, che avevano innalzato i maggiori del degenerato Costante da una condizione privata al trono del mondo. Poscia che la cospirazione fu matura per eseguirsi, Marcellino, sotto pretesto di celebrare il giorno natalizio del figlio, diede uno splendido trattenimento alle persone illustri ed onorevoli della Corte della Gallia, che risedeva allora nella città d’Autun. Fu ad arte prolungata l’intemperanza della festa fino ad un’ora della notte molto tarda, e si tentarono i convitati, che nulla di ciò sospettavano, a condescendere ad una pericolosa e rea libertà di conversazione. Si aprirono ad un tratto le porte, e Magnenzio, che per pochi momenti erasi ritirato, tornò nell’appartamento, adornato del diadema e della porpora. I congiurati lo salutarono subito co’ titoli d’Imperatore e d’Augusto. La sorpresa, il terrore, lo sbalordimento, le ambiziose speranze, e la mutua ignoranza del resto dell’assemblea, la impegnarono ad unire le proprie voci alla generale acclamazione. Le guardie
in una di quelle colonie barbare, che Costanzo Cloro avea stabilite nella Gallia. La sua condotta può farci sovvenire del famoso patriotta Simone di Montfort, Conte di Leicester, che potè persuadere il buon popolo d’Inghilterra, ch’esso, Francese di nascita, aveva preso le armi par liberarlo dagli estranei favoriti.