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dell'impero romano cap. xvii. | 319 |
nove lire sterline1. Ma questo calcolo, o piuttosto i fatti, da’ quali è dedotto, non posson mancare di suggerir due difficoltà ad una mente che pensa, la quale resterà sorpresa nel tempo stesso e dall’uguaglianza e dalla grandezza della capitazione. L’intraprendere di schiarirle può per avventura spargere qualche lume sull’interessante materia delle finanze nel decadente Impero.
I. Egli è chiaro, che finattanto che l’immutabil costituzione della natura umana produce e mantiene una divisione sì disuguale di beni, la parte più numerosa della società resterebbe priva della sua sussistenza se volesse imporsi a tutti un’ugual tassa, dalla quale rileverebbe il Sovrano una ben piccola entrata. Tale invero sarebbe anche la teoria della capitazione Romana; ma in pratica non si sentiva più quest’ingiusta ugua-
- ↑ Nel computo della moneta sotto Costantino ed i suoi successori, noi non abbiamo che a riferirci all’eccellente discorso di Greaves sopra il Denarius per esser convinti delle seguenti proposizioni: 1. Che l’antica e moderna libbra Romana, che contiene 5256 grani di peso di dodici once la libbra, è più leggiera circa la duodecima parte della libbra Inglese, ch’è composta di 5760 di que’ grani medesimi; 2. Che la libbra d’oro, la quale una volta era stata divisa in quarantotto aurei, era in quel tempo ridotta a settantadue monete più piccole che avevan l’istesso nome; 3. Che si davano legittimamente cinque di questi aurei per una libbra d’argento, e che per conseguenza la libbra d’oro si cambiava per quattordici libbre e ott’once d’argento secondo il peso Romano, o per circa tredici libbre secondo l’Inglese; 4. Che la libbra Inglese d’argento si conia in sessantadue scellini. Posti questi principj, si può computare la libbra Romana d’oro, ch’è la comune misura di grosse somme, per quaranta lire sterline, ed il corso dell’aureo per qualche cosa più d’undici scellini.