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dell'impero romano cap. xvii. 305

ca. Il pretender di concepire le particolarità quasi infinite delle spese annuali e quotidiane, risguardanti l’amministrazione sì civile che militare d’un grande Impero, eccederebbe la forza della più vigorosa immaginazione. Tal azienda occupava continuamente più centinaia di persone, distribuite in undici diversi uffizi, artificiosamente inventati per esaminare, e sindacare le rispettive loro operazioni. La moltitudine di questi agenti naturalmente tendeva ad accrescersi; e fu più d’una volta creduto espediente di rimandare ai loro naturali uffizi quegl’inutili ministri soprannumerari, che abbandonando i lor onesti lavori, si eran con troppo calore insinuati nella lucrosa professione delle Finanze1. Corrispondevano al Tesoriere ventinove ricevitori Provinciali, diciotto de’ quali eran onorati col titolo di Conti; e la giurisdizione di lui s’estendeva sopra le miniere, dalle quali estraevansi i metalli preziosi, sopra le zecche, ove si convertivano questi in moneta corrente, e sopra i pubblici erari delle città più importanti, in cui si depositava il denaro per servizio dello Stato. Questo ministro regolava ancora il commercio straniero dell’Impero, e dirigeva ugualmente tutte le manifatture di lino e di lana, nelle quali eseguivansi le successive operazioni di filare, di tessere, e di tingere, specialmente dalle donne di servil condizione per uso del Palazzo e dell’esercito. Nell’Occidente, dove le arti s’erano introdotte di fresco, si contavano ventisei di questi stabilimenti; ed un numero anche più grande può supporsi che ven fosse

  1. Cod. Theodos. l. VI. Tit. 30. Cod. Justin. lib. XII. Tit. 24.