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274 | storia della decadenza |
ignoranza e dall’adulazione fu pervertita la vera etimologia di quel nome, ed i Patrizi di Costantino furono venerati come i padri adottivi dell’Imperatore e della Repubblica1.
II. Le vicende de’ Prefetti del Pretorio furono totalmente diverse da quelle de’ Consoli e de’ Patrizi; questi videro la loro antica grandezza ridursi ad un vano titolo, quelli a grado a grado innalzandosi dalla condizione più bassa, furono investiti dell’amministrazione sì civile che militare del mondo Romano. Dal regno di Severo fino a quello di Diocleziano si confidavano alla loro soprantendenza le guardie del palazzo, le leggi e le finanze, le armate e le province; e come i Visir dell’Oriente, con una mano essi tenevano il sigillo, e coll’altra la bandiera dell’Impero. L’ambizione de’ Prefetti sempre formidabile, e qualche volta fatale a’ signori medesimi a’ quali servivano, era sostenuta dalla forza delle truppe Pretoriane; ma dopo che quel superbo corpo fu indebolito da Diocleziano, e finalmente soppresso da Costantino, i Prefetti che sopravvissero alla caduta di quello, senza difficoltà si ridussero alla condizione di utili ed obbedienti ministri. Quando essi non furono più responsabili della sicurezza della persona Imperiale, dimisero la giurisdizione, che avevano fino a quell’ora preteso d’avere, e s’esercitarono in tutti i dipartimenti del palazzo. Tosto che cessarono di condurre alla guerra sotto i loro ordini il fiore delle truppe Romane, furono spogliati da Costantino d’ogni militar comando; ed in ultimo i capitani delle guardie, per una singolare
- ↑ Zosim. lib. II. p. 118 e Gotofred. ad Cod. Theod. l. VI. Tit. VI.