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dell'impero romano cap. xvii. | 269 |
seta e d’oro, ed alle volte con ornati di sontuose gemme1. In questa solennità erano corteggiati da’ più eminenti uffiziali dello Stato e della milizia, in abito di Senatori; ed i littori portavano avanti di loro gli inutili fasci, armati colle, una volta, formidabili scuri2. La processione dal palazzo3 andava al Foro o piazza principale della città, dove i Consoli salivano sul lor Tribunale, e si assidevano sulle sedie curuli, fatte all’usanza degli antichi tempi. Essi esercitavano subito un atto di giurisdizione, manumettendo uno schiavo, ch’era loro presentato per quest’effetto; e tal ceremonia era diretta a rappresentare la celebre azione dell’antico Bruto, autore della libertà e del Consolato, allorchè diede la cittadinanza al fedel Vindice, che avea scoperta la cospirazione de’ Tarquinii4. La pubblica festa durava più giorni in tutte le città princi-
- ↑ Vedi Claudiano in Cons. Prob. et Olybrii 178 etc. et in IV. Cons. Honor. 585 etc. quantunque, rispetto a quest’ultimo, non è facile il distinguer gli ornamenti dell’Imperatore da quelli del Console. Ausonio ricevè dalla liberalità di Graziano una veste palmata o abito di Ceremonia, in cui era ricamata la figura dell’Imperator Costanzo.
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Cernis et armorum proceres legumque potentes:
Patricios sumunt habitus, et more Gabino
Discolor incedit legio, positisque parumper
Bellorum signis sequitur vexilla Quirini.
Lictori cedunt aquilae, ridetque togatus
Miles, et in mediis effulget Curia Castris?
Claud. in IV. Cons. Honor. 5.
. . . . Strictasque procul radiare secures.
In Cons. Prob. 229. - ↑ Vedi Vales. ad Ammian. Marcell. l. XXII. c. 7.
- ↑
Auspice mox latum sonuit clamora Tribunal.
Te fastos ineunt quater; solemnia ludit
Omnia libertas; deductum vindice morent