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Ma lo spirito calunniatore del nostro Autore è contrario ai monumenti più autentici della Storia. Imperciocchè le addotte accuse giustificherebbero così bene la persecuzione, che i Principi per rimuoverne tutta la odiosità, e far in se stessi risplendere l’amor del ben pubblico, le avrebbero pomposamente spiegate nei loro editti, se si fossero potuti lusingare, che alcuno vi avrebbe prestata credenza. Che vuol dire, che non se ne fa neppur motto? Galerio in fine pubblicò l’editto di rivocazione: in esso prese a giustificarsi, e dichiarò che il suo disegno era stato di guarire la superstizione de’ Cristiani, e di ricondurli alla Religione degl’Idoli. Un Principe può purgarsi con ragioni di Stato, e trascura un vantaggio così essenziale? Inoltre, è noto, che Geroele Presidente della Bitinia fu uno de’ Consiglieri, e lo strumento principale della persecuzione: costui pubblicò due libretti contro i Cristiani; Lattanzio, che ne dà l’estratto, non porge il minimo indizio di sospettare ciò, che l’Autore gli ha fatto dire.

Cade qui in acconcio di spiegare i due esempi che egli suppone anteriori alla persecuzione, e cagione ancora della medesima. Quando i Sacerdoti fecero credere a Diocleziano, che nella vittima, ch’egli consultava, non si trovavano i soliti segni, per la presenza de’ Cristiani, il Principe milites ad nefanda sacrificia cogi praecepit, come scrive Lattanzio. Ma i soldati, piuttosto che sacrificare agl’Idoli, rinunciavano alla milizia; ciò, ch’era permesso.

Ora negli atti del Ruinart citati dall’Autore il Centurione Marcello così dice: Se tale è la condizione di quelli che militano, che debbano essere costretti a sacrificare agli Dei, ed agl’Imperadori, io getto a