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202 saggio

ne dobbiamo; e regala grandi vantaggi a’ Cristiani a forza d’immaginarli.

Plinio espose a Traiano, che avendo fatto diligente esame intorno all’istituto ed alle adunanze de’ Cristiani, non vi aveva trovato se non che cantavano lodi al loro Cristo; che facevano pranzi sobri ed ordinari, e che si astringevano con giuramento ad astenersi da ogni reità; che avevano cessato pure di adunarsi per ubbidire agli ordini suoi; e che poste per maggior cautela due donne Cristiane a’ tormenti, non potè altro scuoprire se non un gran fondo di superstizione. Risponde l’Imperadore, che in quest’affare non si può stabilire una regola sicura; ma si compiace di ordinare, che non si faccia più inquisizione contro i Cristiani, se però essi verranno accusati e convinti, i Magistrati usino ogni mezzo di ridurli, e trovandoli ostinati, li puniscano colla morte.

Confessa lo stesso Autore, che la legge è contraddittoria: in fatti se il Cristianesimo gli pareva delitto di morte, doveva permettere, che si seguisse a procedere per inquisizione come in tutti gli altri delitti capitali; se non gli sembrava che vi dovesse aver luogo l’inquisizione non doveva punir di morte gli accusati.

Questa legge recò due gravissimi danni ai Cristiani. Traiano lasciò libero ai Magistrati l’impiegare i mezzi eziandio di rigore, affin di ridurre i Cristiani al volere del Principe; e così aprì la via ai tormenti ed alla crudeltà: ed essendo questo il primo piano criminale fatto contro il Cristianesimo, si stabilì sì fattamente, che gl’Imperadori seguenti non poterono del tutto abolirlo, quando vollero favorire gli oppressi. Quindi la ripugnanza vi è nella legge, ma non vi è