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68 | storia della decadenza |
avvezzi ai climi più freddi, illanguidivano e venivano meno agli eccessivi calori della Cilicia, dove l’aria nella state era molto malsana. Le frequenti diserzioni diminuivano il loro numero: i passi delle montagne erano debolmente difesi. Tarso aprì le sue porte, ed i soldati di Floriano, dopo avergli lasciato godere per tre mesi il titolo Imperiale, liberarono l’Impero da una guerra civile col facile sacrifizio di un Principe da loro sprezzato1.
Le continue rivoluzioni del trono aveano sì bene sbandita ogni idea di ereditario diritto, che la famiglia di un Imperatore sfortunato era incapace di eccitare la gelosia dei suoi successori. Fu ai figli di Tacito e di Floriano permesso di scendere allo stato privato, e di restar confusi nella generale massa del popolo. La loro povertà veramente servì d’un’altra difesa alla loro innocenza. Quando fu Tacito eletto dal Senato, egli consacrò al pubblico servizio l’ampio suo patrimonio2, atto di speciosa generosità in apparenza, ma che evidentemente svelava la sua intenzione di trasmettere l’Impero ai suoi discendenti. L’unica consolazione del loro caduto stato fu la memoria di una passeggiera grandezza, e la lontana speranza, figlia di una profezia lusinghiera, che sorgerebbe dopo mille anni dalla stirpe di Tacito un Monarca protettor del Senato, ristauratore di Roma, e conquistatore di tutta la terra3.
- ↑ Stor. Aug. 231. Zosimo, l. I. p. 58, 59. Zonara, l. XII. p. 637. Aurelio Vittore dice che Probo assunse l’Impero nell’Illirico; opinione la quale (benchè adottata da un uomo dottissimo) getterebbe una insuperabile confusione in quel periodo di storia.
- ↑ Stor. Aug. p. 229.
- ↑ Egli dovea inviare dei Giudici ai Parti, ai Persiani, ed