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dell'impero romano cap. xi. 47

pora. La bella Zenobia era avvinta da ceppi d’oro; una schiava sosteneva l’aurea catena, che circondava il di lei collo, ed ella quasi sveniva sotto l’intollerabil peso dei gioielli. Essa precedeva a piedi il magnifico cocchio, sul quale aveva sperato una volta di entrare nelle porte di Roma. Era questo seguito da due altri cocchi, ancor più magnifici, di Odenato e del Monarca Persiano. Il carro trionfale di Aureliano (avea questo per l’avanti servito ad un Re Goto) era tirato in quella memorabile occasione o da quattro cervi o da quattro elefanti1. I più illustri fra i Senatori, il popolo e l’esercito chiudevano la processione solenne. Una sincera gioia, la maraviglia e la gratitudine aumentavano le acclamazioni della moltitudine; ma la soddisfazione dei Senatori era amareggiata della comparsa di Tetrico; nè poterono impedire un mormorio, in vedere che il superbo Imperatore esponesse così alla pubblica ignominia la persona di un Romano e di un Magistrato2.

Ma benchè, nel trattamento de’ suoi infelici rivali, soddisfacesse Aureliano la propria superbia, mostrò per essi tuttavia una generosa clemenza, raramente esercitata dagli antichi vincitori. I Principi, che con infelice successo aveano difeso il lor trono, o la lor libertà, erano sovente strangolati in prigione, subito

    sone ricche e di lusso. Fu a poco a poco adottato dai più vili del popolo. Vedi una curiosa nota del Casaubono, ad Sveton. in August. c. 82.

  1. Erano i primi, assai probabilmente; i secondi nelle medaglie di Aureliano non indicano (come giudica il dotto Cardinal Noris) che una vittoria orientale.
  2. L’espressione di Calfurnio (Eglog. l. 50.) „Nullos ducet captiva triumphos„ come applicata a Roma, contiene una manifestissima allusione e censura.