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dell'impero romano cap. xv. 345

donne, di mendichi e di schiavi, gli ultimi de’ quali potevan qualche volta introdurre i Missionari nelle nobili e ricche famiglie, alle quali appartenevano. Questi oscuri maestri (tal era l’accusa della malizia e dell’infedeltà) sono altrettanto muti in pubblico, quanto loquaci e dommatici in privato. Mentr’essi cautamente sfuggono il pericoloso incontro de’ filosofi, si mescolano con la rozza ed ignorante turba, e vanno insinuandosi in quegli spiriti, che l’età, il sesso e l’educazione ha meglio disposti a ricevere la impressione de’ superstiziosi terrori1.

Questa svantaggiosa pittura, quantunque non affatto priva di una debole somiglianza, fa conoscere coll’oscuro suo colorito e con le contraffatte figure un pennello nemico. A misura che l’umile fede di Cristo diffondevasi pel mondo, fu abbracciata da varie persone, che si conciliavano qualche riguardo pei vantaggi della natura e della fortuna. Aristide, che presentò un’eloquente apologia all’Imperatore Adriano, era un filosofo d’Atene2. Giustino martire avea cercato la cognizione di Dio nelle scuole di Zenone, di Aristotile, di Pitagora e di Platone, avanti che fortunatamente gli si accostasse un vecchio, o piuttosto un Angelo, che rivolse l’attenzione di lui allo studio de’ Profeti Giudei3. Clemente Alessandrino aveva

  1. Minuc. Felix c. 8 con le note di Wovvero. Cels. ap. Origen. l. III. p. 138, 142. Julian. ap. Cyril., l. VI. p. 206. Edit. Spanheim.
  2. Euseb. Hist. Eccl. IV. 3. Hieron. Epist. 83.
  3. Così prettamente si racconta l’istoria ne’ Dialoghi di Giustino. Tillemont (Mem. Eccles. Tom. II. p. 334) che la riferisce, assicura, che il vecchio era un Angelo sotto quella figura.