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veva già visitato qualunque parte del globo dentro un secolo dalla morte del suo divino Autore. „Non v’è popolo (dice Giustino martire) o Greco, o Barbaro, o di qualunque altra nazione, distinto con nomi o costumi di qualunque sorta, ignorante quanto si vuole dell’agricoltura e delle arti, o abiti sotto le tende, o vada vagando in carri coperti, appresso di cui non s’offrano in nome di Gesù Cristo Crocifisso delle preghiere al Padre e Creatore di tutte le cose„1. Ma questa splendida esagerazione, che anche presentemente sarebbe assai difficile di conciliare con lo stato reale dell’uman genere, può solo considerarsi come lo smoderato trasporto di un devoto, ma negligente scrittore, la misura della cui Fede si regolava da quella de’ suoi desiderj. Ma nè la Fede, nè le brame de’ Padri possono alterar la verità dell’istoria. Sarà sempre un fatto indubitato, che i Barbari della Scizia e della Germania, i quali rovesciaron la Romana Monarchia, erano involti nelle tenebre del Paganesimo; e che anche la conversione dell’Iberia, dell’Armenia, o dell’Etiopia non fu tentata con qualche successo, finchè lo scettro non fu nelle mani d’un Imperatore Ortodosso2. Avanti quel tempo i varj accidenti della guerra e del commercio non poterono spargere che un’imperfetta cognizione del Vangelo fra le tribù della Caledonia3 e fra gli abitanti delle rive

  1. Giustin. mart. Dial. cum Tryphone p. 34l. 1ren. adv. haeres. l. I. c. 10. Tertullian. adv. Jud. c. 7. Vedi Mosemio p. 203.
  2. Vedi il quarto secolo dell’Istoria Eccles. di Mosemio. Posson trovarsi molte, quantunque assai confuse circostanze relative alla conversion dell’Iberia e dell’Armenia appresso Mosè di Corene l. II. c. 78, 79.
  3. Secondo Tertulliano, Cristo e la Fede avevano pene-