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dell'impero romano cap. xi. | 27 |
forze principali delle due armate si azzuffarono ostinatamente1. Fu vario il successo. Nel primo combattimento vicino a Piacenza, i Romani riceverono un colpo sì forte, che, secondo l’espressione di uno scrittore parzialissimo di Aureliano, si temè l’immediata ruina dell’Impero2. Gli accorti Barbari, che aveano circondati i boschi, assalirono improvvisamente le legioni nell’oscurità della sera, e (come è molto probabile) dopo la fatica e il disordine di una lunga marcia. Non poterono i Romani resistere alla furia del loro assalto, ma finalmente, dopo una terribile strage, la paziente costanza dell’Imperatore riordinò le suo truppe, e ristabilì in qualche modo l’onore delle armi sue. La seconda battaglia s’ingaggiò vicino a Fano nell’Umbria, sul terreno, che cinquecento anni avanti era stato fatale al fratello di Annibale3. Cotanto i fortunati Germani si erano avanzati lungo la via Emilia e Flaminia, con idea di saccheggiare la mal difesa padrona del Mondo! Ma Aureliano, che vigilando alla salvezza di Roma, era sempre loro alle spalle, trovò quivi il decisivo momento di dar loro una totale ed irreparabil disfatta4. Il fuggitivo residuo del loro esercito venne esterminato in una terza ed ultima battaglia vicino a Pavia; e fu l’Italia liberata dalle irruzioni degli Alemanni.
La paura è stata la prima madre della superstizione, ed ogni nuova calamità induce i tremanti mortali a