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gno di Decio, la Chiesa Romana in una sola donazione avea ricevuto la somma di dugentomila sesterzi da uno straniero del Ponto, che avea determinato di stabilirsi nella Capitale1. Si facevan queste oblazioni per la massima parte in moneta; nè la società de’ Cristiani era bramosa, o capace di acquistare l’imbarazzo de’ beni stabili in grande estensione. Era stato provvisto da varie leggi, promulgate col medesimo spirito dei nostri statuti delle mani morte, che non si donassero, nè si lasciassero fondi reali ad alcun corpo collegiato, senza un privilegio speciale, o una particolar dispensa dell’Imperatore, o del Senato2, i quali rare volte eran disposti a concederla in favor d’una setta, che fu a principio l’oggetto del lor disprezzo, e finalmente de’ lor timori, e della lor gelosia. Si riferisce però un atto sotto il regno d’Alessandro Severo, il quale dimostra, che tal proibizione qualche volta restava elusa o sospesa, e che si permetteva a’ Cristiani di reclamare, e di posseder terre dentro i confini dell’istessa Roma3. Il progresso del Cristianesimo, e le civili turbolenze dell’Impero contribuirono a rilassare la severità delle leggi, ed avanti la fine del terzo secolo molti fondi considerabili si acquistarono dalle opulente Chiese di Roma, di Milano, di

  1. Tertullian. de praescript. c. 30.
  2. Diocleziano fece un rescritto, che non è che una dichiarazione dell’antica legge. „Collegium, si nullo speciali privilegio subnixum sit, haereditatem capere non posse dubium non est.„ Fra Paolo (c. 4.) crede che questi regolamenti dopo il regno di Valeriano fossero molto trascurati.
  3. Hist. August. p. 13l. Il fondo era stato pubblico, ed allora si disputava fra la società de’ Cristiani e quella de’ macellai.