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dell'impero romano cap. xv. | 319 |
proseliti avessero vendute le proprie terre e case per accrescere le pubbliche sostanze della comunità, a spese in vero degl’infelici lor figli, che si trovavan mendichi, perchè i loro padri erano stati santi1. Dovremmo con diffidenza prestare orecchio ai sospetti degli stranieri e nemici: in quest’occasione però acquistano un colore molto specioso o probabile dalle seguenti due circostanze, le sole giunte a nostra notizia, che diffiniscano una somma precisa, o dieno una idea distinta. Quasi nel medesimo tempo il Vescovo di Cartagine da una società men opulenta di quella di Roma raccolse centomila sesterzi (sopra mille settecento zecchini) in una subitanea questua por redimere i fratelli della Numidia, ch’erano stati fatti schiavi dai Barbari del deserto2. Circa cent’anni avanti al re-
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Tam summa cura est fratribus
(Ut sermo testatur loquax)
Offerre, fundis venditis
Sestertiorum millia.
Addicta avorum praedia
Foedis sub auctionibus,
Successor exhaeres gemit
Sunctis egens parentibus.
Haec occulantur abditis
Ecclesiarum in angulis,
Et summa pietas creditur
Nudare dulces liberos.
Prudent πέρι ετεφανων Hymn. 2.La susseguente condotta del Diacono Lorenzo prova solo qual uso propriamente si facesse della ricchezza nella Chiesa Romana: questa era senza dubbio molto considerabile; ma Fra Paolo (c. 3.) pare, ch’esageri quando suppone, che i successori di Commodo furono mossi a perseguitare i Cristiani per l’avarizia di loro medesimi, e de’ lor Prefetti del Pretorio.
- ↑ Ciprian. Epist., 62.