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dell'impero romano cap. xv. | 313 |
stessi, come Cipriano di Cartagine, le arti del più ambizioso uomo di Stato colle virtù Cristiane, che sembrano attagliarsi al carattere di un santo, e di un martire1.
Le medesime cagioni, che avevan distrutto a principio l’uguaglianza de’ Preti, introdussero una preeminenza di grado fra’ Vescovi, e quindi una superiorità di giurisdizione. Ogni volta che nella primavera, e nell’autunno adunavansi nel Concilio provinciale, sentivasi molto notabilmente la differenza del merito e della riputazion personale fra i membri dell’assemblea, ed era governata la moltitudine dalla dottrina, e dall’eloquenza dei pochi. Ma l’ordine degli atti pubblici richiedeva una distinzione più regolare e meno invidiosa; fu conferito l’uffizio di presedere in perpetuo ai Concilj di ogni Provincia a’ Vescovi della città principale, e questi ambiziosi Prelati, che tosto acquistarono i titoli eminenti di Metropolitani e di Primati, si preparavan segretamente ad usurpare sopra i loro episcopali fratelli quell’autorità istessa, che i Vescovi avevano ultimamente assunta sopra il collegio de’ Prelati2. Nè passò molto tempo, che s’introdusse una emulazione di preeminenza, e di potere fra’ Metropolitani medesimi, affettando ciascheduno di essi di mostrare ne’ termini più fastosi gli onori e i vantaggi
- ↑ Se Novato, Felicissimo, ec. che il Vescovo di Cartagine scacciò dalla sua Chiesa e dall’Affrica, non erano veramente i mostri più detestabili d’empietà, lo zelo di Cipriano in tali occasioni dovrà prevalere alla sua veracità. Bramando un giusto ragguaglio di tali oscure querele vedi Mosemio p. 497-512.
- ↑ Mosemio pag. 269-274. Dupin Antiq. Eccles. Discipl. p. 19-20.