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18 | storia della decadenza |
gli ebbe tempo di ottenere la sanzione del Senato, e di provare una sedizion delle truppe. Appena egli seppe che la grande armata del Danubio avea conferita l’autorità Imperiale al ben conosciuto valor di Aureliano, si sentì vinto dalla gloria e dal merito del suo rivale, e facendosi aprire le vene, prudentemente si ritirò dalla ineguale contesa1.
Il general disegno di quest’opera non ci permette di minutamente riferire le azioni di ogni Imperatore dopo il suo avvenimento al trono, molto meno di rintracciare le varie fortune della sua vita privata. Osserveremo soltanto che il padre di Aureliano era un contadino del territorio di Sirmio, il quale occupava una piccola tenuta appartenente ad Aurelio, ricco Senatore. Il bellicoso suo figlio, arrolato nelle truppe come soldato comune, divenne successivamente centurione, tribuno, prefetto di una legione, ispettore del campo, generale, ovvero (come allor si chiamava) duce di una frontiera; e finalmente nella guerra Gotica esercitò l’importante uffizio di primo comandante della cavalleria. In ogni grado si distinse per l’impareggiabil valore2, per la rigida disciplina, e per una fortunata condotta. Fu egli rivestito del Consolato dall’Imperator Valeriano, che lo chiama, nel pomposo linguaggio
- ↑ Zosimo, l. I p. 42. Pollione (Stor. Aug. p. 207) gli accorda alcune virtù, e dice che fu, come Pertinace, ucciso dagli sfrenati soldati. Secondo Dexippo, egli morì di malattia.
- ↑ Teoclio (come vien citato nella Stor. Aug. p. 211) afferma che in un giorno egli uccise con le sue proprie mani quarantotto Sarmati, ed in diverse susseguenti battaglie novecento cinquanta. Questo eroico valore fu ammirato dai soldati, e celebrato nelle rozze loro canzoni, l’intercalare delle quali era mille, mille, mille, occidit.