Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano II.djvu/23


dell'impero romano cap. xi. 17

dello Stato e dell’esercito, e in lor presenza raccomandò Aureliano, uno dei suoi Generali, come il più degno del trono, ed il più atto ad eseguir il gran disegno, ch’egli stesso avea potuto soltanto intraprendere. Le virtù di Claudio, il suo valore, l’affabilità1, la giustizia e la temperanza, il suo amor per la gloria e per la patria lo pongono nel piccol numero di quegl’Imperatori, che aggiunsero lustro alla Romana porpora. Queste virtù per altro furono celebrate con particolar zelo e compiacenza dai cortigiani Scrittori del secolo di Costantino, il quale era bisnipote di Crispo, fratello maggiore di Claudio. La voce dell’adulazione imparò presto a ripetere, che gli Dei, i quali avean così frettolosamente tolto Claudio alla terra, ricompensarono il suo merito e la sua pietà perpetuando l’Impero nella sua famiglia2.

Non ostante questi oracoli, la grandezza dei Flavj (nome che a loro piacque di assumere) fu differita per più di vent’anni, e lo stesso innalzamento di Claudio cagionò l’immediata rovina del suo fratello Quintilio, il quale non ebbe moderazione o coraggio bastante per discendere nella privata condizione, a cui lo avea condannato il patriottismo dell’ultimo Imperatore. Senza indugio o riflessione egli prese la porpora in Aquileia, dove comandava forze considerabili; e benchè il suo regno durasse diciassette giorni soltanto, e-

  1. Secondo Zonara (l. XII. p. 638.) Claudio avanti la sua morte lo rivestì della porpora; ma questo fatto singolare vien piuttosto contraddetto che confermato dagli Scrittori
  2. Vedi la vita di Claudio scritta da Pollione, e le orazion di Mamertino, Eumenio e Giuliano. Vedi parimente i Cesari di Giuliano p. 313. In Giuliano non era adulazione, ma superstizione e vanità.