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dell'impero romano cap. xiv. | 213 |
dente, che poteva acconciarsi a qualunque evento, ed assicurar la loro riputazione, comunque avesse deciso la sorte delle armi1.
[A. D. 312] Sì è paragonata la celerità della marcia di Costantino a quella della conquista, che fece dell’Italia il primo de’ Cesari; nè per quanto sia lusinghevole tal paralello, ripugna alla verità dell’Istoria, mentre non passarono più di cinquant’otto giorni dalla resa di Verona alla final decisione della guerra. Costantino avea sempre sospettato, che il tiranno avrebbe eseguito ciò che gl’inspirava il timore, e forse anche la prudenza, e che invece di arrischiar le ultime sue speranze in un general combattimento si sarebbe piuttosto rinchiuso dentro le mura di Roma. I gran magazzini lo assicuravano dal pericolo della fame; e siccome la situazione di Costantino non soffriva dilazione alcuna, egli avrebbe potuto esser ridotto alla dura necessità di distruggere col ferro e col fuoco la città Imperiale, che doveva essere il premio più nobile della sua vittoria, e la cui liberazione era stato il motivo, o piuttosto realmente il pretesto della guerra civile2. Con sorpresa pertanto non meno che con piacere, arrivato che fu ad un luogo detto Saxa Rubra circa nove miglia distante da Roma3, scoprì l’armata di Massen-
- ↑ Illo die hostem Romanorum esse periturum. Il Principe vinto divenne, secondo il solito, nemico di Roma.
- ↑ Vedi Paneg. Vet. IX. 16. X. 27. Il primo di questi oratori magnifica la quantità del grano, che Massenzio avea raccolto dall’Affrica e dalle Isole: eppure se qualche fede si dee prestare alla scarsità di cui si fa menzione da Eusebio (in vit. Constant. l. I. c. 36.) gl’Imperiali granai non erano aperti che per li soldati.
- ↑ Maxentius ... tandem urbe in Saxa Rubra millia ferme novem aegerrime progressus. Aurel. Victor. Vedi Cellar. Geo-