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dell'impero romano cap. xiv. 211

so, si avventurarono a fargli qualche rispettoso lamento, di tal natura però da non dispiacere anche ai più gelosi Monarchi. Rappresentarono essi a Costantino, che non contento di eseguir tutti i doveri di un Comandante, egli aveva esposta la propria persona con un eccesso di valore, che quasi degenerava in temerità; e lo scongiurarono ad aver più riguardo in avvenire alla conservazione di una vita, da cui dipendeva la salute di Roma e dell’Impero1.

Mentre Costantino segnalava la sua condotta e il suo valore nel campo, il Sovrano d’Italia pareva insensibile alle calamità ed ai pericoli di una guerra civile, che infuriava nel cuore de’ suoi dominj. L’unica occupazione di Massenzio era sempre il piacere. Celando, e tentando almeno di celare alla cognizione del pubblico le disgrazie delle sue armi2, si lusingava con una vana fiducia, la quale differiva i rimedi del male che si avvicinava, senza differire il male medesimo3. Appena i rapidi progressi di Costantino giugnevano a risvegliarlo da questa fatal sicurezza4; egli si dava a credere, che la sua ben nota liberalità, e la maestà del nome Romano, che l’aveva già liberato da due altre invasioni, coll’istessa facilità dissiperebbe anche la ribelle armata della Gallia. Gli Uffiziali di esperi-

  1. Paneg. Vet. IX. 10.
  2. Literas calamitatum suarum indices supprimebat. Panegyr. Vet. IX. 15.
  3. Remedia malorum potius quam mala differebat; così censura Tacito acutamente la supina indolenza di Vitellio.
  4. Il Marchese Maffei ha ridotto all’ultima probabilità che Costantino fosse per anco a Verona il primo di settembre dell’anno 312 e che la memorabil Era delle indizioni avesse principio dalla conquista ch’ei fece della Gallia Cisalpina.