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devano a’ moti de’ loro corpi. N’era formidabil l’aspetto, e poco meno che irresistibil la forza; e siccome in quest’occasione i condottieri l’avevan disposta in forma di stretta colonna con aguzza punta e con larghi fianchi, si lusingavano, che avrebbero facilmente rotto ed oppresso l’esercito di Costantino. Avrebbero forse potuto riuscire in questo disegno, se il loro sperimentato nemico non avesse fatt’uso dell’istesso metodo di difesa, che Aureliano avea praticato in simili circostanze. Le giudizioso evoluzioni di Costantino divisero e rendettero inutile questa solida colonna di cavalleria. Le truppe di Massenzio disordinate fuggirono verso Torino; e siccome furono loro chiuse in faccia le porte della città, così ben pochi poterono evitare la spada de’ vittoriosi, che gl’inseguivano. Torino, per quest’importante servigio, meritò di sperimentar la clemenza, ed anche il favore del vincitore. Egli fece il suo ingresso nell’Imperial palazzo di Milano, e quasi tutte le città d’Italia, fra le Alpi ed il Po, non solamente riconobbero la potenza, ma con fervore ancora abbracciarono il partito di Costantino1.

Le vie, Flaminia ed Emilia, presentavano un facil cammino di circa quattrocento miglia per passar da Milano a Roma; ma sebbene Costantino fosse impaziente di andare incontro al tiranno, pure volle piuttosto diriger prudentemente le sue operazioni contro un altro esercito d’Italiani, che mediante la forza e situazione che aveva, o poteva opporsi a’ progressi di lui, o in caso di una disgrazia poteva impedirgli la ri-

  1. Zosimo ugualmente ch’Eusebio trascorrono dal passaggio delle Alpi alla decisiva battaglia vicino a Roma. Dobbiamo riportarci a due Panegirici per le azioni che fece Costantino nel tempo di mezzo.