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dell'impero romano cap. xiv. | 205 |
nell’assenza dell’Imperatore, non poteva impiegare più della metà delle sue truppe per la guerra d’Italia, senza sacrificare la pubblica salvezza alla sua privata contesa1. Egli marciò alla testa di quarantamila uomini, ad incontrar un nemico, le cui truppe erano per lo meno quattro volte più numerose delle sue. Ma gli eserciti Italiani, posti a una sicura distanza dal pericolo, erano snervati dalla licenza e dal lusso. Avvezzi ai bagni ed ai teatri di Roma, vennero in campo con ripugnanza, ed erano composti principalmente di veterani, quasi dimentichi dell’armi e della guerra, o di nuove ed inesperte reclute. Le robuste legioni della Gallia aveano lungamente difese le frontiere dell’Impero contro i Barbari del Settentrione; e nell’adempimento di quel faticoso servizio si era esercitato il loro valore, ed assodata la lor disciplina. Erano i condottieri ugualmente diversi che gli eserciti. Il capriccio o l’adulazione aveano tentato Massenzio colle speranze della vittoria; ma queste ambiziose speranze cederono presto agli abiti del piacere ed alla cognizione della propria inesperienza. L’intrepido spirito di Costantino era stato dalla prima sua gioventù educato per la guerra, per l’azione, e pel militare comando.
- ↑ Paneg. Vet. IX. 3. Non dee far maraviglia, che l’oratore diminuisse il numero dello truppe, con le quali il suo Sovrano condusse a fine la conquista dell’Italia; ma sembra un poco singolare, ch’egli non valutasse l’esercito del tiranno a più di 100000 uomini.
guaglio delle forze, che si trovavano da ambe le parti. Egli non fa menzione di alcun armamento navale, quantunque sia sicuro (Paneg. Vet. IX. 25) che fu attaccata la guerra per mare non meno, che per terra, e che la flotta di Costantino prese possesso della Sardegna, della Corsica, e de’ porti dell’Italia.