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dell'impero romano cap. xiv. | 201 |
Era Massenzio imbevuto di quella stessa implacabile avversione verso il Senato, che avea contraddistinto la maggior parte dei primi tiranni di Roma: nè era possibile, che il suo ingrato carattere perdonasse alla generosa fedeltà, che lo aveva innalzato al trono, e sostenuto contro tutti i suoi nemici. Erano le vite dei Senatori esposte ai suoi gelosi sospetti, e il disonore delle loro consorti e delle figlie loro aumentava la soddisfazione dei suoi sensuali piaceri. È presumibile che un amante imperiale rare volte fosse ridotto a sospirare invano; ma qualunque volta era inutile la persuasione, egli ricorreva alla violenza; ed è rimasto un memorabile esempio di una nobil Matrona, che conservò la sua castità con una volontaria morte1. I soldati erano il solo ordine di persone, per cui sembrasse avere qualche rispetto, od a cui cercasse di piacere. Riempì Roma e l’Italia di truppe armate; dissimulò i loro tumulti: lasciò che impunemente saccheggiassero e trucidassero ancora l’inerme popolo2; e permettendo ad esse la stessa licenza, della quale godeva il loro Imperatore,
- ↑ Paneg. Vet. IX. 3. Euseb. Hist. Ecl. VIII. 14. et in vit. Constant. l. 33. 34. Rufin. c. 17. La virtuosa Matrona, la quale si uccise per evitar la violenza di Massenzio, era Cristiana, e moglie del Prefetto di Roma, chiamata Sofronia. Resta sempre in dubbio fra’ Casisti, se il suicidio in simili casi possa giustificarsi.
- ↑ L’indeterminata espressione di Aurelio Vittore è questa: Praetorianis caedem vulgi quondam annueret. Vedasi un più circostanziato, sebbene alquanto diverso racconto di un tumulto ed uccisione, che avvenne a Roma, in Eusebio l. 1III. c. 14, ed in Zosimo lib. II. p. 84.
guente modo: „Primus instituto pessimo, munerum specie, Patres oratoresque pecuniam conferre prodigenti sibi cogeret.„