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rispettata la vita e la libertà di Massimiano, ed egli si ritirò dall’Italia nell’Illirico, affettando di pentirsi della sua passata condotta, e secretamente macchinando nuovi mali. Ma Galerio, che ben conosceva il carattere di lui, l’obbligò bentosto ad allontanarsi dai suoi dominj, e l’ultimo refugio del deluso Massimiano fu la Corte del suo genero Costantino1 Egli fu ricevuto con rispetto da quel Principe artificioso, e coll’apparenza di figlial tenerezza dalla Imperatrice Fausta. Esso, per allontanare ogni sospetto, depose una seconda volta la porpora Imperiale2, dichiarandosi finalmente convinto della vanità delle grandezze e dell’ambizione. Se perseverato egli avesse in questa risoluzione, avrebbe potuto terminare la sua vita con quiete e riputazione, benchè meno decorosamente che nel suo primo ritiro. Ma il vicino aspetto di un trono gli rammemorò il grado dal quale egli era caduto, e deliberò di fare un disperato sforzo per regnare o perire. Una incursione dei Franchi avea richiamato Costantino con una parte del suo esercito alle rive del Reno. Il resto delle truppe era accampato nelle meridionali province della Gallia, che giacevano esposte alle imprese dell’Imperatore Italiano, ed era depositato nella città di Arles un considerabil tesoro. Massimiano o artificiosamente inventò, o frettolosamente accreditò

  1. Ab urbe pulsum, ab Italia fugatum, ab Illyrica repudiatum, tuis provinciis, tuis copiis, tuo palatio recepisti. Eumen. Panegyr. Vet. VII. 14.
  2. Lattanzio de Mort. Persec. c. 39. Ciò nonostante quando Massimiano ebbe deposta la porpora, Costantino gli conservò sempre la pompa e gli onori della dignità Imperiale, e in tutte le pubbliche occasioni dava la dritta al suo suocero. Panegyr. Vet. VII. 15.