Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
dell'impero romano cap. xiv. | 193 |
interessi e la memoria di una guerra recente divideva l’Impero in due grandi e nemiche potenze; ma i loro timori scambievoli produssero un’apparente tranquillità, anzi una finta riconciliazione, finchè la morte dei principi più vecchi di Massimiano, e particolarmente di Galerio, diede una nuova direzione alle mire ed alle passioni dei loro sopravviventi colleghi.
Quando Massimiano ebbe con ripugnanza ceduto l’Impero, i venali contemporanei oratori applaudirono alla filosofica sua moderazione. Quando la sua ambizione eccitò o almeno animò una guerra civile, essi rendettero grazie al generoso suo patriottismo, e delicatamente criticarono quell’amore dell’ozio o della solitudine, che lo avea allontanato dal pubblico servizio1. Ma era impossibile che animi simili a quelli di Massimiano e del suo figliuolo, possedessero lungamente d’accordo una indivisa potenza. Massenzio si considerava come il legittimo Sovrano dell’Italia eletto dal Senato e dal popolo Romano; nè soffrir voleva il freno del suo genitore, il quale arrogantemente si dichiarava, che pel suo nome e pe’ suoi talenti era stato quel temerario giovine stabilito sul trono. Fu la causa solennemente agitata dinanzi ai Pretoriani e quelle truppe che temevano la severità del vecchio Imperatore, sposarono il partito di Massenzio2. Fu però
- ↑ Vedi 'Panegyr. Vet. VI. 9. Audi doloris nostri liberam vocem etc. Tutto questo passo è dettato dalla più fina e accorta adulazione, ed è espresso con un’eloquenza facile e piacevole.
- ↑ Lattanzio de M. P. c. 28. Zosimo l. II. p. 82. Si fece correre il rumore, che Massenzio era figlio di qualche oscuro Siriano, e che la moglie di Massimiano l’avea sostituito al suo proprio figliuolo, V. Aurelio Vittore, Anonim. Val. Panegyr. Vet. IX. 3. 4.