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che dalla sua lontana residenza nell’Asia, pretendeva di annoverar Roma tra le tributarie città del suo Impero. Il nascente furor del popolo fu incoraggiato dall’autorità, o almeno dalla connivenza del Senato, e i deboli avanzi dei Pretoriani, che aveano ragione di temere la propria abolizione, abbracciarono un sì onorevole pretesto, e si dichiararono pronti a trar fuori le spade in servizio dell’oppressa lor patria. Era desiderio, e presto divenne speranza d’ogni cittadino, che dopo avere scacciato dall’Italia i loro stranieri tiranni, si eleggesse un principe, il quale, e pel luogo della sua residenza e per le sue massime di governo, meritasse un’altra volta il titolo d’Imperatore di Roma. Il nome non meno che la situazione di Massenzio determinarono in suo favore il popolare entusiasmo.

[A.D. 306] Massenzio era figliuolo dell’Imperatore Massimiano, ad avea sposata la figliuola di Galerio. La sua nascita, ed il suo matrimonio sembravano offrirgli la più bella speranza di succedergli nell’Impero. Ma i suoi vizi e la sua incapacità lo esclusero dalla dignità di Cesare, che Costantino aveva meritato per una pericolosa superiorità di merito. La politica di Galerio preferiva quei colleghi, che non potessero nè disonorare la scelta, nè disubbidire ai comandi del loro benefattore. Fu perciò un oscuro straniero innalzato al trono d’Italia, ed al figliuolo dell’ultimo Imperatore d’Occidente fu lasciato godere il lusso di una privata fortuna in una villa poche miglia lontana dalla capitale. Le nere passioni dell’anima di Massenzio, la sua vergogna, l’agitazione, e la rabbia vennero infiammate dall’invidia alle nuove della fortuna di Costantino, ma le speranze di lui furono ravvivate dal pubblico disgusto, ed egli facilmente fu persuaso ad unire le sue personali ingiurie